Ex convento di San Francesco
Il convento dei frati minori conventuali di San Francesco fu voluto da Giovanni Ricchieri con suo testamento del 17 febbraio 1419. La costruzione venne autorizzata con bolla del pontefice Martino V e con il permesso del vescovo di Concordia, Arrigo di Strassoldo. Il progetto del complesso seguì le norme comuni della tradizione francescana conventuale di quel tempo, come si evince da un esame anche rapido del monumento nel suo insieme. Una frase (“1448, 24 ottobre, fu terminata questa opera”) scritta sulla spalletta di una nicchia posta sulla parete sinistra della navata della chiesa, e riportata nella parte bassa del sovrastante affresco, dimostra che – a quella data la costruzione era ultimata. Durante i secoli XVII e XVIII, a motivo del rinnovarsi delle esigenze funzionali e soprattutto culturali, il complesso subì qualche alterazione e modifica: della più antica decorazione rimangono alcuni lacerti di sinopie di affreschi, mentre, dei cinquecenteschi dipinti eseguiti da Giovanni Antonio De’ Sacchis detto il Pordenone (Pordenone, 1483/1484 – Ferrara, 1539), restano solo alcuni lacerti non più in loco. Nel 1769 la Repubblica Veneta soppresse il convento; privati pordenonesi acquistarono il complesso adibendolo, con il trascorrere del tempo, agli usi più disparati (dormitorio, abitazioni, teatro, fabbrica di liquori, etc.): dall’inventario della vendita si desume che, oltre al camposanto (a fianco della chiesa in via della Motta), alla chiesa e alla sacrestia, il convento comprendeva 15 vani al piano terra più cantina e legnaia, e 17 celle al primo piano.
L’edificio è aperto al pubblico in occasione di mostre temporanee.
Castello di Torre
Secondo vari autori il complesso castellano fu innalzato su una costruzione di derivazione romana se non preistorica, ma di esso si hanno i primi riscontri documentali solo nel XIII secolo. All’epoca, Torre, terra patriarcale, non faceva parte del territorio di Pordenone, soggetto a signori transalpini. La storia scritta ha inizio nel secolo XIII. Nel 1313 vi si insediò il conte di Gorizia, questi fu estromesso a sua volta dai signori di Porcia i quali, peraltro, in virtù di permute con il conte di Moravia, cedeva il castello ai conti di Ragogna nel 1391. I Ragogna furono tra i primi signori del Friuli a sottomettersi alla Repubblica veneta: nel 1508 fu un Ragogna a togliere Pordenone all’Austria per darla a Venezia. Dal 1391 il castello di Torre, è in possesso ai conti di Ragogna ramo di Pinzano, il cui ultimo discendente, il conte Giuseppe, morto nel 1970, insigne archeologo, ha donato il possente complesso per farne un museo archeologico. Le ricerche del conte di Ragogna portarono alla scoperta, nei pressi del castello, di cospicui reperti romani: tracce di una villa con frammenti di affresco, delle terme, di un sepolcreto. Nelle stanze superiori del castello sono custoditi esemplari notevoli d’arte e di storia.
E’ possibile effettuare soltanto visite esterne.
Municipio – Contrada Maggiore
L’edificio, dalle forme gotiche originali, è stato eretto tra il 1291 e il 1395: nel XVI secolo, su progetto di Pomponio Amalteo, si è provveduto a realizzare la loggia con l’orologio e i pinnacoli. Davanti al Palazzo Comunale si apre il lungo e irregolare corso Vittorio Emanuele detto anche Contrada Maggiore, affascinante serie continua di palazzi per lo più quattro cinquecenteschi, porticati e spesso estremamente affrescati. Oltre piazzetta Cavour, l’asse viario prosegue sulla stessa direttrice con corso Garibaldi, in cui si affacciano alcuni eleganti palazzi sei-settecenteschi.
Sito archeologico di Torre
Nei pressi della chiesa parrocchiale sono visibili tracce di un complesso di strutture murarie di epoca romana. All’epoca della scoperta – negli anni ’50 – compiuta dal conte Giuseppe di Ragogna, i reperti furono attribuiti ad un edificio termale per la presenza di elementi che sembravano caratteristici di impianti con riscaldamento ad aria calda. Oggi tale opinione sembra superata e si è inclini ad attribuire all’edificio in questione una funzione agricola o una struttura commerciale, forse magazzini di uno scalo fluviale sul Noncello. Indipendentemente dalla presenza e dal valore di tale tracciato architettonico rimangono di straordinaria importanza alcuni manufatti rinvenuti in una sorta di discarica presso l’edificio stesso. Si tratta di frammenti di affresco romano, alcuni dei quali in ottimo stato di conservazione ed in parte esposti attualmente nelle sale del Museo delle scienze di Pordenone. I soggetti rappresentano figure romane, relative forse ad una scena di lotta tra Greci e Amazzoni, ed elementi vegetali di raffinata esecuzione, riferibili alla decorazione parietale di un’abitazione di lusso fatta costruire a Torre intorno all’epoca augustea. L’eleganza della residenza è confermata anche da altri reperti archeologici rinvenuti sempre negli scavi del conte di Ragogna, in particolare, frammenti di rivestimenti parietali in marmo pregiato di provenienza greca ed orientale e tessere musive in pasta vitrea, talune rivestite in foglia d’oro.
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