L’avvento della dominazione franca impose a Verona un nuovo ruolo; divenne la residenza preferita del nuovo re Pipino, figlio di Carlomagno e centro delle grandi assemblee nelle quali è stato ammesso pure il clero, almeno nelle maggiori dignità (vescovi e abati) accanto agli amministaratori (conti e duchi).
Il pericolo degli Avari da una parte e quello proveniente dal Nord di Widukindo, imposero a Verona una nuova fisionomia di caposaldo militare. Due importanti documenti ci raccontano la Verona di epoca carolingia; il primo, un antichissimo documento (il Versus De Verona) ricorda l’Arena, che chiama labirinto, Piazza delle Erbe, il decumano e il cardo spaziosi, lastricati di pietre. Nel foro pure quadrato erano stati eretti quattro archi, uno su ciascun lato. La città ha poi un castrum munito di forti baluardi, unito alla città da ponti che hanno le pile di pietra adagiate sul greto del fiume.
Altro riferimento è all’antica strada consolare Postumia, che rendeva la città importante dal punto di vista strategico – commerciale. Il secondo documento è la “Iconografia Rateriana”, in cui vengono ricordati l’Arena Minor (Teatro romano), il Palatium del tutto simile alle porte romane della città e un solo ponte sull’Adige detto marmoreus (Ponte Pietra); vengono pure menzionati l’horreum (magazzino dell’annona), un theatrum (l’Arena) e l’orfanum (probabile opera idraulica), che successivamente divenne organum e ancora oggi legato ad un toponimo: Santa Maria in Organo.
Quello che gli autori degli antichi documenti hanno voluto tramandarci è una città sontuosa, possente, imprendibile, magnificata dalla presenza del re Pipino che vi abita e, dopo di lui, da Dio, re invisibile.